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martedì 9 aprile 2019

La vigilia della partenza di Icaro

Sono all'inizio di un percorso: sono al tempo stesso emozionato e incuriosito all'idea di andare in un continente dove non sono mai stato, di capire e conoscere le usanze, lo stile e il modo di vivere di un popolo che immagino abbastanza diverso da quello a cui sono abituato.
Mi presento: mi chiamo Icaro Becherelli e sono nato il 07/03/1990 in Brasile.
Io non ricordo molto della mia infanzia ma sono stato molto fortunato. La mia famiglia mi ha dato gli strumenti per scegliere e mi ha lasciato libero, sia che si trattasse di decidere che sport fare sia a quale religione appartenere. Nello stesso tempo, attraverso le esperienze che mi hanno fatto vivere, ho cominciato a capire quello che è giusto e quello che è sbagliato, valorizzando il mio punto di vista.
Indubbiamente, le scelte che una persona fa sono molto condizionate dal tipo di società in cui vive, da quello che la comunità offre e dall'ambiente che frequenta.
Il mio desiderio più grande è quello di contribuire ad una società che possa formare le nuove generazioni attraverso strumenti culturali, aiutandole ad avere un “pensiero libero”, libero di scegliere cosa vogliono davvero e di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Secondo me è questo uno dei modi per far crescere le nuove generazioni con la consapevolezza di poter avere un futuro migliore.
Penso che l’Africa sia uno dei continenti più belli al mondo, anche se molti paesi hanno approfittato delle sue ricchezze attraverso le colonie e deportando in massa milioni di giovani rendendoli schiavi, impedendo uno sviluppo naturale di tutto il continente.
Da parte mia penso che svolgere attività di supporto, ai bambini, in un paese che ha sofferto così tanto possa essere una buona cosa e io la farò non solo applicando le competenze che ho maturato in oltre dieci anni in villaggi turistici in tutta Italia ma prevalentemente con il cuore.
Voglio essere sincero: io non sono un persona utopista che crede nella “pace del mondo” ma penso che se tutti noi dedicassimo una piccola parte del proprio tempo ad aiutare chi ha più bisogno vivremmo tutti meglio.
Non sottovaluto comunque le difficoltà che potrebbero nascere in questa mia esperienza: i primi tempi non sarà cosi facile integrami con il nuovo ambiente (non conosco la lingua, non ho mai vissuto in un clima tropicale e, non ultimo, il medico che mi ha fatto i vaccini mi ha presentato una situazione sanitaria difficile per un europeo). Inoltre, dovrò imparare a relazionarmi con un popolo con differenti tradizioni e usanze.
Quello con cui parto è tanto entusiasmo e la voglia di trasmettere la mia gioia di vivere e, perché no, la mia spensieratezza.
Non vedo l'ora di iniziare questa avventura: come dice una delle mie citazioni preferite “un lungo cammino, inizia sempre con un piccolo passo”.
Icaro Becherelli

martedì 2 aprile 2019

Alessandra racconta perché ha scelto di fare il Servizio Civile

Da anni pensavo alla possibilità di fare Servizio Civile all’estero, in particolare in Africa, e da altrettanti anni cercavo di mettere a tacere questa voce, dando spazio all’altra voce, quella più razionale che invece mi esortava a proseguire su sentieri battuti.
Malgrado non fosse la mia ambizione primaria, per diverse ragioni avevo deciso che l’ambito della ricerca (più consueto per una biologa), dovesse essere la strada più "giusta” rispetto a quella della cooperazione internazionale, che al contrario mi affascinava molto (e che un’esperienza come il servizio civile mi avrebbe consentito di conoscere da vicino, almeno per un anno). Avevo inoltre deciso di relegare ad un piccolo spazio della mia vita (il tempo libero per intenderci), l’attività del volontariato e più in generale lo spendersi per una giusta causa che invece mi aveva regalato tanti sorrisi.

Questa continua dicotomia interiore mi ha corroso per anni (e non poco), ma col senno di poi credo sia stata imprescindibile e in qualche modo propedeutica. Ho ripensato ai  momenti di felicità, a ciò che mi aveva fatto pulsare cuore, cervello e pancia, “sbrilluccicare” gli occhi e alle situazioni in cui le cose intorno a me si erano fermate per un attimo e aveva cominciato a risuonare nella mia testa quella canzone…
“Home - is where I want to be
But I guess I'm already there
[… ] Guess that this must be the place”
..tutti quei momenti erano legati all’attività di volontario (in Italia o all’estero) e quindi alla causa per cui stavo impiegando il mio tempo e le mie risorse e a ciò che era indissolubilmente legato a me. È allora che mi son detta che, dopo aver consultato un bravo psichiatra per via di quella canzoncina nella mia testa (scherzo!), avrei dovuto darmi l’opportunità di ripescare queste sensazioni e tutto ciò che aveva attivato il mio sistema emozionale e cognitivo e che semplicemente mi aveva fatto sentire viva.

Dopo una attenta ricerca per la scelta del progetto per cui fare domanda, ho ristretto il campo ad un paio di ONG ed infine sono approdata ad AVAZ a cui ho consegnato la domanda di servizio civile personalmente. Ho conosciuto parte dei responsabili, mi sono lasciata contagiare dalla loro genuinità ed affascinare dalla dimensione seria e familiare di una ONG attiva con grande impegno da circa 30 anni...  e non ho potuto fare a meno di (ri)pensare “this must be the place”.

Si sono poi succeduti: il colloquio (che google maps mi avrebbe fatto svolgere nella bottega solidale di AVAZ), la graduatoria (evvaiiii, sono dentro!) e il corso di formazione pre-partenza nel polo di Catania. Quest’ultimo ha rappresentato l’occasione di conoscere ragazze e ragazzi con tante storie e tanto coraggio, di incontrare casualmente (o causalmente) “affinità elettive” e di conoscere formatori (ma prima di tutto anime belle) dotati di grinta e competenze. Tutto questo mi ha trasmesso molta carica e mi ha permesso di riascoltare la stessa canzoncina nella mia testa... e soprattutto mi ha fatto pensare a quanto sia giusta quella frase che dice “la caverna in cui temi di entrare contiene il tesoro che cerchi”, al pericolo nel rimanere fermi, al coraggio delle scelte, alla forza dell’azione.

E... se il tempo non portasse via con sé anche elasticità e turgore della pelle, credo proprio che mi tatuerei sulla schiena e a caratteri cubitali qualche frase:
“Scegli il coraggio oltre il comfort.
Scegli cuori aperti invece di armature.
E scegli la grande avventura di essere coraggioso e impaurito. Allo stesso tempo” (Brené Brown).

Alessandra Adduci

martedì 27 novembre 2018

La missione

Se pensate di partire ed essere dei turisti che si mettono ad esplorare il paese o dei volontari che devono fare solo per dare agli altri, vi state sbagliando alla grande!
Se pensate di partire per andare a salvare il mondo perché state andando in Africa tra i poveri o perché potete aiutare quelli meno fortunati di voi, anche qui non fate che sbagliarvi.
Se soprattutto pensate di partire pieni di aspettative o con la certezza di trovare risposte alle tante domande che vi ponete o ancora volete andare a realizzare i vostri sogni, siete sempre nella direzione sbagliata.
Il servizio civile è semplicemente l’occasione di vivere dodici mesi di vita in una realtà totalmente diversa, ma sono dodici mesi della TUA vita che fanno la differenza se vissuti a cuore aperto.
Sono partita ed arrivata in terra africana con l'entusiasmo di 'voler fare missione'. Giorno dopo giorno sono poi però iniziate le difficoltà. Subito ho abbandonato l'idea di 'voler fare missione' iniziando a vivere semplicemente come facevo in Italia. Negli ostacoli e nei pianti, nelle sorprese e nell'Amore ho poi capito che non dovevo solo concentrarmi sul 'voler fare' ma piuttosto fare quello che sentivo e lasciare che la missione mi plasmasse.

Passo dopo passo, anche se lentamente, ho iniziato a scoprire e conoscere, incontrare gli altri e rincontrare me stessa. Passo dopo passo ho sentito come il Signore mi sia sempre stato accanto e come ogni giorno mi dia le forze per vivere al meglio questa avventura che è la vita.
Ho capito che il mio 'voler fare missione' non era altro che puro egoismo per ricevere in cambio riconoscenza; ma il Signore vede ciò che facciamo senza che qualcuno debba mostrarci ogni volta gratitudine. Ho capito che il mio 'voler fare missione' non era altro che l'entusiasmo del partire e andare verso l'Altro, senza offrire all'Altro, davanti a me e diverso da me, l'opportunità di venirmi incontro. Ho capito che il mio 'voler fare missione' era vero e sentito, ma anche un po' sporco perché pieno di 'voglio'.
Ed è stato negli abbracci profondi con le persone, nei sorrisi grandi e negli occhi vivi e illuminati dei bambini, nelle mani che non ti lasciano, nei piedi che camminano al tuo fianco, che ho trovato il vero ossigeno del cuore della foresta equatoriale.
Un’aria diversa che ti fa battere il cuore quando vedi gli occhi di un bambino felici di tornare a scuola per rivederti e correrti incontro scendendo dallo scuola-bus e abbracciarti, per ricominciare assieme il Centro d’Accoglienza e poter giocare e ridere con Tata Ilaria.
Ti fa battere il cuore quando, nonostante la difficoltà di due metodi educativi e due modi di pensare differenti, riesci a trovare un punto d’incontro con gli educatori di Villaggio Fraternité e assieme a dar vita a qualcosa di nuovo e specifico per undici bambini di uno o due anni.
Un’aria diversa che ti fa battere il cuore quando i pianti dei piccoli della pre-maternelle si trasformano in sorrisi e gioia di voler stringerti la mano per camminare al tuo fianco; quando cantano contenti le canzoncine per andare in classe, quando si buttano tra le tue braccia urlando “NTOOO” (che nella lingua locale, il Bulu, significa “abbraccio”) o ancora quando imparano a dire “presente”, a chiedere “per favore” e dire “grazie”. 
Ancora, quando vedi qualcuno star molto male e con una semplice visita a casa e stringendole la mano riesci a donarle un sorriso e la forza per riprendersi.
Ti fa battere il cuore quando i bambini del Centro d’Accoglienza ti chiedono se il laboratorio di scrittura creativa ricomincia anche quest’anno e se arriverà presto il libro che hanno creato.
Un’aria diversa quando sperimenti sulla tua pelle la grandezza della Fede che va al di là delle diversità religiose e apre le braccia a tutti indistintamente, che fa incontrare cristianesimo e islam in un unico grande amore, testimoniando come questo sia unico immenso dono di Dio, superando ogni pregiudizio. 
E allora, non c'è gioia più grande, non c'è sorriso più vero, non c'è amore più reale di quello di aver capito che non bisogna voler 'fare missione' perché la missione si fa da sé, perché la missione si vive, perché è la missione che fa la persona.
Ilaria Tinelli

mercoledì 13 dicembre 2017

Perché hai scelto il Servizio Civile? La testimonianza di Marta

Ricordo il primo spot  visto in tv sul servizio civile, vedevo ragazzi e ragazze che lavoravano insieme e si occupavano di persone che erano in difficoltà, ero ancora piccola e non mi rendevo conto pienamente di cosa voleva dire essere un civilista, avevo intuito solo una cosa, quei ragazzi erano lì per servire gli altri.

Tutto ciò è rimasto dentro di me sepolto in qualche angolo della mia coscienza, quasi dimenticato, fino a quando, un amico di famiglia, mi suggerì di presentare la domanda diversi anni dopo.

In questi anni ho fatto diverse esperienze di volontariato che mi hanno segnato profondamente e che poi, purtroppo, per diversi motivi ho dovuto abbandonare; questo, mi ha lasciato il desiderio di dedicare un periodo della mia vita a un’esperienza di servizio ma allo stesso tempo era un momento in cui cercavo di capire che indirizzo dare alla mia vita e ai miei studi.
Qui è tornato in gioco il servizio civile, scegliere il progetto non è stato affatto facile, estero o Italia? cooperazione o beni culturali? Ho colto l’occasione per lavorare su me stessa, per mettermi in discussione e capire che direzione far prendere alla mia vita.
Alla fine sono approdata in Avaz, rimarrò in Italia a Roma.  

Sarà sicuramente un’opportunità: per mettermi in gioco, per crescere, per entrare nel mondo del lavoro e della cooperazione internazionale.
Probabilmente, come quando vidi quello spot in tv, non ho ancora capito pienamente cosa significa essere un civilista e non ho ancora realizzato quanto quest’anno potrà aiutarmi a crescere, posso solo immaginare, ma non voglio crearmi troppe aspettative, voglio vivere il mio servizio giorno per giorno, godermi ogni momento e vivere ogni difficoltà e gioia.
Mi sento pronta, gasata, emozionata. Durante la formazione generale sentivo l’entusiasmo  crescere ogni giorno di più come poche volte ho provato in vita mia.

Marta Chionchio
Volontaria in Servizio Civile 

venerdì 25 luglio 2014

Quando la scuola è chiusa, i lavori di manutenzione al Villaggio Fraternitè non si fermano...

L'anno scolastico è terminato ormai da qualche settimana, ma le attività a Villaggio non sono sospese, anzi! 

Come tutti gli anni durante il periodo estivo si continua con varie attività, tra le quali la cura del grande giardino che circonda le strutture, del quale la foresta circostante continua a cercare di rimpossessarsi. 

Inoltre viene ripristinata la strada bianca che porta dall'ingresso fino alle strutture scolastiche, che quest'anno verrà inoltre migliorata e cementata, per rendere più agevole l'accesso soprattutto durante il periodo delle piogge, ed è già stato acquistato il legname che verrà poi utilizzato durante tutto l'anno scolastico nella cucina della mensa.

Questo servirà a fornire cibo alla mensa durante l'anno scolastico, e quindi a rendere più indipendente (anche economicamente) il Villaggio. Le prime piante coltivate sono pomodori, peperoni, peperoncino, cetrioli, basilico e carote, che per ora sono in una zona coltivata a vivaio, ma che a breve saranno trapiantati nel resto dell'orto e nella zona già creata ed in via di predisposizione in un secondo orto a pochi metri di distanza.

Naturalmente si tratta di un progetto che, almeno all'inizio, richiede parecchio lavoro sia per il trattamento della terra che per la recinzione (che eviterà che i nostri cani curiosi vadano a sgambarsi nei posti sbagliati), ma siamo fiduciosi in questo progetto, che è stato molto ben accolto anche dalle nostre cuoche e da chi fisicamente se ne dovrà occupare.

A proposito di lavori edili, a breve procederemo all'abbattimento della vecchia struttura in cemento di sostegno per la cisterna di acqua, già sostituita da una nuova più efficiente e sicura.

Nel frattempo gli insegnanti sono ogni giorno in riunione per discutere del nuovo anno scolastico e per creare e migliorare i testi scolastici utilizzati dagli alunni, che vengono ideati, stampati e forniti direttamente dal Villaggio.

Ma la grande novità di quest'anno è l'orto (o meglio, gli orti), che le nostre cuoche stanno creando con il supporto tecnico di un esperto di agricoltura, e che sta già dando le prime soddisfazioni (se vi va di dare un'occhiata alle foto potrete vedere i tanti germogli che spuntano dalla terra, tenuti protetti con una struttura in legno ricoperta da foglie di palma da olio, come vuole il metodo tradizionale locale).

Sono inoltre appena iniziati i lavori di ristrutturazione dell'edificio adiacente al Centro d'Accoglienza, che diventerà il nuovo e ben organizzato magazzino, ed allo stesso tempo libererà la grande stanza che verrà adibita ad aula scolastica per la nuova classe in arrivo alla ripresa scolastica.

Insomma, non si può dire che ci annoi, nonostante la mancanza dei nostri alunni!
Carlo
iniziano i lavori nel secondo orto

i pomodori che spuntano nel vivaio

la nuova legna che servirà per cucinare i pasti degli alunni durante il prossimo anno scolastico

le operazioni di copertura del vivaio


la legnaia quasi vuota alla fine dell'anno scolastico


Fifi, una delle nostre cuoche, mentre si occupa dell'insetticida

Lady nella sua lotta quotidiana per tenere a bada l'erba

lavori di riparazione della staccionata

la preparazione del primo dei due orti, a destra il futuro vivaio

mercoledì 14 maggio 2014

Primo mese e prime esperienze al Villaggio Fraternitè dei Volontari del Servizio Civile

Un mese è ormai passato dal giorno in cui siamo partiti per la nostra grande esperienza, e crediamo sia giunto il momento di esprimere le nostre prime impressioni in merito, premettendo che molto abbiamo ancora da imparare e che non si può certo dire di conoscere un ambiente lavorativo né tanto meno una nuova cultura in un periodo così breve (soprattutto se si è in un altro continente!).

Noi pensiamo di avere avuto la possibilità di fare le giuste riflessioni prima di partire, al corso di formazione che ricordiamo con un sorriso, ciò nonostante una volta arrivati qui abbiamo da subito iniziato ad affrontare parecchie barriere che vanno ben al di là della sola difficoltà linguistica iniziale. E con “da subito” si intende all'uscita dell'aeroporto, quando da bravi turisti ci siamo fatti immediatamente abbindolare da una persona che ha insistito per aiutarci chiamando il nostro referente, ovviamente aspettandosi poi un ringraziamento monetario più che adeguato.

Ma quando ci si trova in mezzo tutti i giorni si impara in fretta, e anche se siamo ancora nel pieno della fase di apprendimento, e tendiamo perciò ad osservare più che ad agire, iniziamo anche a muovere i nostri passi in maniera relativamente autonoma sia con il personale del Villaggio Fraternité che con i nostri nuovi concittadini. Questo sempre sotto la supervisione dei nostri preziosi referenti Avaz in loco, che sono per noi il ponte fra le due culture e società.

Attualmente la struttura in cui lavoriamo è ben avviata e funzionante, ed è formata da due ambiti separati (anche fisicamente, diversi edifici), che sono la scuola materna e la scuola primaria (equivalente delle nostre elementari), per entrambe è presente l'attività di centro di accoglienza, fulcro di tutto il progetto.

Il centro di accoglienza è un'attività riservata ad una parte degli studenti, selezionati fra quelli con maggiori difficoltà economiche e famigliari, che al termine delle regolari lezioni scolastiche rimangono presso la struttura per svolgere ulteriori attività in gruppo, assistiti da personale dedicato. L'idea diventa quindi anche quella di permettere a bambini di differenti estrazioni sociali di condividere il quotidiano, la struttura scolastica e le lezioni.

La struttura del Villaggio Fraternité è situata a poca distanza dalla città di Sangmelima, lungo una strada in terra battuta che attraversando il fiume Lobo raggiunge i villaggi sparsi all'interno della fitta foresta. Perciò è presente un servizio di trasporto, che vanno a servire sia i bambini dei villaggi che quelli della città.

In un ambito in cui anche le scuole pubbliche sono a pagamento, e le divise scolastiche (sempre obbligatorie) sono di norma a carico degli alunni, il Villaggio Fraternité si pone come elemento di stacco, fornendo non solo le divise, ma anche una merenda per tutti gli alunni, oltre ad un pasto vero e proprio a coloro che sono inseriti nel progetto del centro di accoglienza. Inoltre come già detto è presente un servizio di scuolabus, e sono previste sovvenzioni economiche per i casi di necessità.

A parte gli aspetti tecnici, a partire dai primi giorni abbiamo iniziato a riscrivere la nostra idea di Africa, e soprattutto di “villaggio sperduto nella foresta tropicale”, e persino di città. E' vero, siamo nel bel mezzo di una enorme foresta, ed è vero che ci sono molti problemi tra cui le tristemente note malattie ed il tenore di vita mediamente basso, ma è anche vero che qui c'è molta vivacità, e alla sera le strade ed i bar, anche quelli dei villaggi, sono decisamente più animati di quelli a cui siamo abituati. La città poi non ha una vera e propria piazza, né parchi pubblici o punti di ritrovo distanti dal caos del traffico sempre presente, ma la gente si ritrova ugualmente per guardare le partite di calcio nei locali con i maxi schermi, bevendo birra e mangiando spiedini di carne oppure pesce alla brace (cinese, importato congelato). La corrente elettrica è presente (anche se non sempre funzionante) in quasi tutti gli angoli del paese, così come sono presenti i cellulari, e Facebook che è già arrivato al punto di dare il nome ad un locale della città.

Abbiamo la fortuna di essere in contatto con diverse persone che possono essere per noi una chiave di accesso alla vita del posto, e anche se al mercato continuano ad urlarci “ntang!” (“bianco” nella lingua bulu, la più diffusa della zona), quasi tutti sanno chi siamo, e quando si fermano a parlarci citano immediatamente il Villaggio Fraternité, oppure i nostri “fratelli” bianchi che già conoscono. Questo ci permette di socializzare senza alcuna difficoltà, soprattutto perché la gente del posto non ci identifica come turisti bianchi, ma come persone che qui lavorano, e che comunque rimarranno per un periodo prolungato. Certo, i prezzi per noi tendono sempre ad essere un po' più alti... ma se fossimo in Italia questo potrebbe essere argomentato come redistribuzione del reddito!

Volontari del Servizio Civile Carlo e Claudia 




martedì 3 dicembre 2013

20 Novembre 2013 - AVAZ TORNA A SCUOLA








In occasione della 23^ Giornata Mondiale dei Diritti del Fanciullo Avaz si è recata presso la scuola elementare “Anna Magnani”.  Rossella, Barbara e Valentina sono state accolte dai bambini e dalle insegnanti della classe 4A che con entusiasmo hanno seguito i vari interventi. Valentina ha parlato con gli alunni dei diritti umani nel mondo, di come vivono i bambini in Cina e in Sud America e dei problemi che questi incontrano nella loro gioventù. L’interesse mostrato verso l’argomento da parte della classe è stato molto e la curiosità li ha spinti a fare tantissime domande!


Rossella ha poi proiettato il video (che potete trovare a questo indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=YLSsvyjmMA8) della sua ultima visita al Villaggio Fraternité, spiegando ai bambini le varie scene e rispondendo a tutte le loro curiosità. 


La classe è stata molto entusiasta quando è stato proposto loro di contribuire alla raccolta materiali da inviare in Camerun. Chi vuole portare vestiti, chi puzzles e altri giochi, chi medicinali, siamo sicuri che il contributo che verrà offerto da questa classe sarà importante!


L’iniziativa si è già allargata ad altre classi dello stesso istituto e ad altre scuole della zona.
Ringraziamo le insegnanti e i genitori per la loro disponibilità e soprattutto gli alunni per essere stati così interessati e partecipi!

mercoledì 15 maggio 2013

Il racconto di una coppia di sostenitori AVAZ che ha adottato a distanza uno dei bambini del Villaggio Fraternité


Siamo Barbara e Giuseppe e la nostra famiglia ha adottato a distanza Pierre, ormai da più di due anni.
Ci siamo “regalati” questa adozione dopo tanti e tanti anni di buoni propositi. Molte volte, infatti, avevamo parlato di adottare un bambino, ma mai avevamo preso la decisione, soprattutto per il timore di essere ingannati, visto che spesso si sentono brutte storie di truffe e di frodi. Due anni fa, abbiamo conosciuto il progetto sul sostegno a distanza dell’AVAZ, associazione seria e “trasparente” nel suo operato che già conoscevamo da tempo, e abbiamo scelto di passare dalle parole ai fatti.

Abbiamo usato il termine regalare, perché pensiamo che sia davvero un regalo fatto alla nostra famiglia. Si dice spesso che fare del bene fa bene innanzitutto a chi lo fa e questo lo crediamo sempre di più, anche in conseguenza dell’adozione di Pierre. Sapere di riuscire, con un piccolo sacrificio economico, ad offrire cibo quotidiano e istruzione ad un bambino che, diversamente, non avrebbe potuto permetterselo, ti fa sentire importante, perché sai di star incidendo, positivamente, sulla vita di un essere umano lontano migliaia di chilometri. E questo senza stravolgere la vita di un bambino, ma solo dandogli la possibilità di acquisire gli strumenti utili per garantirsi, da solo, un futuro positivo. E significa anche regalare e regalarsi una possibilità di conoscere altri luoghi, altre storie di vita, altre esistenze tanto diverse dalle nostre realtà e questo è un arricchimento per noi e per i nostri figli che, troppo spesso, credono che il loro mondo sia l’unico esistente, dando per scontato tutto ciò che hanno.

Nel 2011 avevamo due bambini di 3 e 2 anni ed abbiamo spiegato loro la nostra scelta, dicendo che Pierre è un bimbo che vive in un posto molto lontano da noi e che noi lo avremmo aiutato, inviandogli del denaro che sarebbe servito per mandarlo a scuola, visto che non aveva dei genitori che potevano occuparsi di lui. Quando dall’Avaz ci è arrivata la foto, Giulia e Valerio hanno fatto vedere a tutti il loro “fratellino a distanza”, e poi abbiamo scelto di appenderla al muro in mezzo alle altre foto di famiglia, cosa che abbiamo fatto anche con quella che ci è arrivata lo scorso anno. E’ un modo, questo, di ricordarci di lui e di sentirlo come una “parte lontana” della nostra famiglia.

Giulia e Valerio lo scorso mese sono stati felicissimi di fare per Pierre dei disegni che Alessandro e Valentina hanno portato in Camerun qualche settimana fa. In realtà, oltre ai disegni per lui, i bimbi hanno fatto anche altri disegni per gli altri alunni, perché, con il sostegno a distanza, si entra nell’ottica di aiutare, oltre ad un bambino specifico, tutti gli altri che frequentano la scuola. In questo “disegno a distanza”, abbiamo coinvolto anche la loro classe di scuola materna e Giulia e Valerio sono stati contenti, perché tutti i compagnetti facevano qualcosa per il loro “fratellino” lontano e per i suoi amici.

L’adozione a distanza, richiede un minimo impegno, soprattutto economico, ma ti regala, tra le altre cose, la consapevolezza di essere utile e ti offre la possibilità di operare realmente e concretamente per combattere un pezzetto di disagio, ricordandoci che un nostro minimo sacrificio può migliorare l’esistenza di molte persone.
E, soprattutto in questo caso, più siamo e meglio è, perché di bambini che hanno bisogno di noi ce ne sono tanti ora e, purtroppo, ce ne saranno anche domani.

Barbara e Giuseppe