A giugno
2018 ho terminato l’ultimo anno di liceo classico e mi sono trovata davanti ad
un grande bivio: scegliere una facoltà ad esclusione oppure cercare
un’esperienza lavorativa che potesse aiutarmi a capire e scoprire qualcosa in
più di me stessa fuori dalla mia “comfort zone”.
Ho deciso così, durante l’estate, di cercare un progetto di volontariato in campo
educativo o ambientale ed ho iniziato a mandare svariate candidature per
progetti di Servizio Volontario Europeo (in Europa).
Tra le varie
ricerche ho incontrato anche la possibilità del Servizio Civile Nazionale
all’estero e, oltre alle candidature in ambito europeo, ho fatto domanda per un
progetto in Madagascar non essendo richiesta nessuna competenza specifica, a
parte la lingua francese.
Mi sono presentata poche settimane dopo nella sede della ONG di riferimento e non avendo io
alcuna aspettativa a riguardo, ho messo in chiaro che probabilmente non ero la
figura adatta a coprire il ruolo ricercato. Si era così chiuso per me il
capitolo del Servizio Civile senza alcun rimorso.
E quindi
come sono arrivata a fare parte di un progetto di Servizio Civile in Cameroun?!
Effettivamente
tre mesi dopo la mia candidatura al servizio civile nessun bando SVE mi aveva
richiamata: avevo cominciato a fare qualche lavoretto saltuario, mi ero
avvicinata ad alcuni progetti nel sociale con gruppi di giovani di Bologna e
stavo pensando di intraprendere a settembre 2019 un percorso universitario,
insomma mi ero ricreata un nuovo quotidiano, anche se non era andata via la
speranza di partire per un’esperienza all’estero.
Ero quindi
in attesa dell’arrivo di un'esperienza ma non sapevo bene come orientarmi per
trovarla.
Durante un
breve soggiorno fuori casa, in un momento inaspettato, mi è arrivata una
chiamata da un numero sconosciuto con il prefisso di Roma. Ho deciso, come di norma
faccio, di richiamare il numero e la voce che mi ha risposto era quella di Monica, la
responsabile di Servizio Civile per AVAZ, una ONG romana a me ignota, che mi
chiedeva se ero disposta a partire e lasciare la mia quotidianità, i miei punti
di riferimento le mie certezze e incertezze da ventenne, per imbarcarmi in una
nuova avventura in terra africana.
Sono rimasta un
po’ scossa sul momento: non era assolutamente nei miei piani di andare a vivere
per un lungo anno in un posto tanto lontano e quindi ho chiesto a Monica qualche
giorno per pensare alla proposta.
Sono andata subito
a vedere cosa fosse Villaggio Fraternité e ho trovato il video delle ex-civiliste
sul loro servizio civile che mi ha trasmesso una energia talmente positiva da farmi salire un sorriso naturale, facendomi immedesimare in quel posto del mondo che
fino a venti minuti prima non sapevo neanche dove si collocasse.
Ho preso la decisione da sola, senza né la pressione né il supporto dei miei
affetti e tuttora penso che ciò sia stato decisivo per la mia partenza.
La sera
stessa, pensando e ripensando alla proposta, mi è salito un nodo tra la pancia e
la gola, non so se dovuto più alla paura o più all’adrenalina che si era messa a
circolare nel mio corpo dal momento della telefonata.
Ancora
incredula, nell’etichetta della Yogy-tisana mi è apparsa una saggia frase “Let
things come to you” e un altro brivido mi è salito sulla schiena procurandomi
un secondo sorriso.
A quel punto
non ho atteso troppo e d’impulso ho scritto a Monica che ci saremmo risentite il
giorno dopo ringraziandola per essere apparsa sul mio cammino.
Penso che
potrei descrivere tutti i pensieri che mi sono passati velocemente in mente quella
sera, che soprattutto resteranno impressi nella mia memoria, perché son stati talmente
forti da portarmi a fare questa scelta radicale.
Con
tantissima paura ho deciso di prendere questo treno che mi è passato un
po’ all’impazzata e un po’ imprevedibilmente, ma che credo mi farà capire, con esperienze positive e negative, molte cose.
I vent’anni
sono una fase difficile della persona, ancora non si sa niente del mondo e
della vita e si ha questa carica immensa di energia che è difficile
canalizzare. Sono anni di semina quanto di scoperta, di sondaggio del terreno
fertile e di quello arido, con la speranza che i pochi strumenti acquisiti
possano essere quelli giusti per discernere cosa è bene e cosa lo è meno.
Un augurio
voglio fare all’Arianna che ritornerà dal suo anno africano: "Sappi apprezzare
sempre ciò che hai, in qualsiasi parte del mondo tu sia, perché vorrà dire
che saprai amare te stessa e questo ti darà il giusto gusto per apprezzare la
Tua libertà".
Arianna Pedone
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