Spaesamento, questo è quello che ho sentito quando
per la prima volta ho toccato la terra
rossa. Nulla che riconoscevo, che mi ricordava qualcosa. Tutti i sensi
hanno iniziato a provare sensazioni nuove: nuovi odori, nuovi rumori, nuovi
sapori, nuove immagini. Sono atterrata a Yaoundé, capitale del Camerun, il 5
dicembre e ancora dopo sei mesi queste sensazioni non mi abbandonano. Ma è
proprio questo il bello di fare un’esperienza come il Servizio Civile in un
paese ben lontano dal tuo: ogni giorno ci sarà qualcosa di nuovo pronto a
sorprenderti e da imparare. Non è stato facile ambientarsi, il primo mese è
servito praticamente solo a questo, a porsi la domanda “Dove sono?”. Ma il bello inizia proprio quando cominci a provare a
rispondere a questa domanda, quando decidi di scoppiare quella bolla di cui ti
eri circondato che ti teneva lontano dalla realtà. Così ho cominciato ad uscire
da Villaggio Fraternitè con uno
spirito diverso, con uno spirito d’accoglienza e scoperta. E una sera, insieme
alle altre ragazze con cui sto condividendo questa esperienza, mi sono
ritrovata a una festa, che in verità era un funerale. Si ballava e si cantava
in onore di una persona deceduta. È stato uno shock all’inizio, come puoi
festeggiare una morte? I camerunesi a questa domanda risponderebbero “Ça va aller”, letteralmente andrà bene. È un loro modo di dire che
rispecchia anche il loro modo d’essere. Non porta a nulla lamentarsi, piangersi
addosso a causa di ciò che manca, di ciò che ci è stato portato via, di una
malattia, di un episodio triste. È un modo di vivere che porta a enfatizzare
ciò che di bello c’è nel presente e ciò che di bello ci riserva il futuro,
anche in un momento così triste come può essere la morte di un caro.
Purtroppo,
questo atteggiamento nei confronti della vita porta con sé anche un lato
negativo: la resa. “Prima o poi andrà bene, questo
è quello che Dio vuole per noi adesso”. Si rimanda tutto, dalla gioia più
piccola al problema più grande, alla volontà di Dio. La realtà
è che il Camerun è uno dei paesi più sviluppati dell’Africa Centrale, dove la qualità di vita è accettabile in
confronto ai paesi limitrofi. Questo porta, quindi, i camerunesi ad
accontentarsi di quel poco che gli viene dato, senza pretendere nulla di più,
anche per la paura di venir privati per quello che già hanno. E così: i tagli
della corrente, le strade dissestate, i dottori che in verità sono infermieri, gli
abusi di potere, la corruzione, nulla di tutto questo diviene un motivo di ribellione,
perché in fondo nel proprio piccolo si sta sufficientemente bene. Come ogni
paese anche questo ha i suoi lati positivi e negativi, ma ciò da cui non puoi
rimanere immune è l’allegria, la gioia e i colori che accompagnano ogni momento
della giornata: quando passeggi per strada, quando vai al mercato, quando i
bambini dell’orfanotrofio ti accolgono con urla e baci, o semplicemente quando
ti siedi al bar a bere una coca cola per rinfrescarti. È difficile, qui,
passare una giornata senza mai sorridere e ridere.
Anna
Franzoni
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