La seconda metà del mio Servizio
Civile è stata nettamente diversa rispetto alla prima.
Ho affrontato una nuova
sfida: PROGETTARE.
A differenza del lavoro
in classe, con un percorso già fatto, collaudato e ben avviato, pensare a un
nuovo percorso didattico da zero è stata davvero un’avventura.
Un lavoro che
inizialmente è abbastanza arido, si cerca materiale, si verificano notizie,
dati, fonti ufficiali e la sensazione è quella di non riuscire mai a finire
qualcosa fino in fondo.
Bisogna pensare a un tema
da presentare ai ragazzi, che molto spesso è ampio e complicato, cercare di
“incastrarlo” in un format di poche ore trovando il modo di renderlo leggero,
immediato, semplice e fruibile per ogni fascia d’età .
E lo dice una persona che
in un articolo per un blog scrive “fruibile” … quindi si può ben immaginare la
sfida!
Ho valutato e abbozzato
diversi progetti, dallo sviluppo sostenibile alla storia dell’immigrazione ma
alla fine la scelta è ricaduta sui Diritti Umani, in particolare sul diritto all’istruzione
e il diritto allo svago.
Mi piaceva l’idea di
proporre questi diritti complementari e di parlarne in classe, volevo che i
ragazzi si immedesimassero, capire la loro realtà per non darla mai per scontata
per poi portarli ad ampliare il loro campo visivo sul mondo.
Bene. Quindi una volta
riusciti ad individuare l’argomento principale si preparano le slide, i video,
le immagini, si scrivono le scalette dei vari incontri ed è fatta, no?
Eh no.
L’arrivo del nuovo anno
scolastico, quindi della realizzazione del nuovo progetto, è probabilmente il
momento in cui mi sono sentita più insicura e preoccupata di tutto il mio anno
da civilista.
Il momento in cui ti
metti davvero alla prova con qualcosa di tuo, che ti appartiene, che viene
dalla tua esperienza e dalla tua vita.
Il momento in cui si
scopre se quello che hai pensato e scritto su un foglio di carta funziona nella
vita reale, se i ragazzi reagiranno proprio come tu hai pensato che avrebbero
reagito, se il messaggio che volevi passare viene percepito bene.
Mille domande e mille
interrogativi che devono trovare una risposta.
Troppo melodrammatica?
Si, decisamente, anche
perché alla fine il progetto è andato bene.
Ma è questo quello che
provato durante quell’ora sulla metro e quei pochi minuti prima di entrare a scuola.
Non sono mai stata sola,
sono sempre stata aiutata e affiancata dalle persone che hanno lavorato con me
in questo anno e in questa fase, devo e voglio riconoscerlo perché è anche
merito loro se sono riuscita a portare a termine il mio Servizio Civile con
entusiasmo.
Le mie conclusioni.
Quest’anno è stato uno
degli anni più impegnativi che io abbia mai passato, sono cresciuta sia professionalmente
che umanamente.
Ho imparato tante cose ma
soprattutto ho riscoperto una parte di me che avevo sepolto a causa dei miei
impegni personali.
L’impegno per il sociale,
dedicare il proprio tempo per il bene di qualcun altro, i ragazzi a cui ho
cercato di trasmettere dei valori combattendo per abbattere un muro di cinismo
che purtroppo vedo comparire troppo presto.
Tutto questo fa parte di
me e spero di continuare a coltivarlo nella mia vita, con l’impegno e la
dedizione di quest’anno appena passato.
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