Se i primi sei mesi di Servizio Civile è stato faticoso e difficile
adattarsi, gli ultimi sei si sono susseguiti uno dopo l’altro senza che nemmeno
me ne rendessi conto. Le due settimane trascorse in Italia durante il rientro
di metà servizio mi sono servite per fare una sorta di bilancio della prima parte
della mia esperienza. Sono quindi tornata a giugno carica e pronta a mettermi
in gioco ancora di più, spinta da quella sensazione di aver lasciato indietro
delle cose, e che quella sarebbe stata l’ultima opportunità per farle. Per
raccontarle tutte non basterebbe un articolo.
Concludo il mio servizio Civile con la consapevolezza che
forse non avrò lasciato una grande impronta a livello progettuale, ma so di
averla lasciata nel cuore di alcuni. Di Giovanni, che adesso viene a cercare la sua maestra
d’inglese dicendomi “Tata, Tata, Sono arrivato primo della classe!”; di Flora,
che nonostante sia già al liceo, ogni volta che vado a portarle un libro mi
saluta con un dolcissimo abbraccio; di Ma’a Marie , che mi vuole bene come se
fossi sua nipote; di Bernadette e Benjamain, che ogni volta che vado a far loro
visita hanno sempre un piatto pronto per me. So che tutti loro e altri, si
ricorderanno sempre di Tata Francesca. Ma ciò di cui non si rendono conto è di
quanto loro hanno trasmesso a me e che per questo li ringrazierò per sempre. Mi
porterò sempre nel cuore quello che mi hanno insegnato, per esempio a vivere la
vita con più leggerezza e coraggio.
Negli ultimi giorni a Villaggio mi sono sentita avvolta da
un forte sentimento di nostalgia. Mi sono resa conto che non vedrò i bimbi
della materna passare dalla divisa rossa a quella blu della primaria, non andrò
più a fare la spesa al mercato di Sangmelima, non sarò più in ufficio pronta a
dare una matita a chi ha già finito la propria e non vedrò più il prugno
davanti casa carico di frutti. Villaggio Fraternité e Sangmelima sono state la
mia famiglia e la mia casa in quest’ultimo anno e mi rattrista molto dover
salutare quella che ormai era diventata la mia quotidianità.
Spero che il mio saluto sia soltanto un “arrivederci, a
presto” e che di tanto in tanto avrò
l’opportunità di passare a Villaggio e vedere come i bambini e i girasoli siano
cresciuti e sentirmi fiera di ciò.
Francesca Bucaletti
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