Adesso
che comincio a scrivere è il 24 marzo 2017, giusto 4 mesi dopo il mio arrivo a
Villaggio Fraternitè.
Avrei
dovuto cominciare a scrivere molto prima; non l’ho fatto, ho voluto prima
aspettare che tutte le mie sensazioni e opinioni avessero la conferma che solo
il tempo può dare. Non ho voluto farmi prendere dall’entusiasmo e cominciare
subito a scrivere dicendo che tutto va benissimo, che questa esperienza è
migliore di come potessi immaginare. Adesso a distanza di mesi posso confermare
che è veramente cosi.
L’ambiente
è idilliaco (niente caldo mi dispiace, solo un po’ di zanzare) e svegliarsi
ogni mattina circondati dalla natura e dal suono degli animali, con i bambini e
i dipendenti di Villaggio che ti accolgono con il sorriso mi ha permesso di
raggiungere una sensazione di benessere forse mai provata prima.
Ma
non voglio parlarvi né di Villaggio, né del progetto Acqua né di quello Agricolo.
Voglio brevemente confermare quanto già chiaro a tutti: Villaggio Fraternitè e
tutti i progetti Avaz, marciano alla grande e godono di grande approvazione e
rispetto qui a Sangmelima.
Voglio
invece parlarvi di questa sensazione di benessere sempre più costante. Quando
accettai di partire per l’Africa la paura più grande era quella di non riuscire
a raggiungere quel flusso di percezione della realtà che ti fa sentire parte
integrante del contesto, che ti fa vivere in serenità, che ti rende felice
anche se semplicemente seduto in silenzio sotto un albero. L’eventualità di non
sentirmi a mio agio e di non riuscire a comprendere questa nuova realtà mi ha
molto frenato inizialmente. Non è stato facile lasciarsi andare, l’essere
scaraventati letteralmente su un altro pianeta, con condizioni di vita e compagnie
completamente nuove, mi ha portato, anche a causa di un carattere a volte
troppo razionale, a cercare rifugio nell’isolamento rifiutandomi di lasciarmi
andare. Ci sono volute un paio di settimane ma trascorse quelle sono stato come
travolto e posso finalmente dire che ho sostituito la mediocrità di vivere
quest’esperienza con la testa (tipica dei miei primi giorni qua) alla libertà
di viverla con il cuore. Si, credo di aver raggiunto spesso momenti di
felicità, a contatto con la gente, non solo africana o italiana, ascoltando la
natura passeggiando nella foresta e alla scoperta delle viscere dell’Africa.
Molti
schizofrenici hanno i loro periodi di felicità paradisiaca; ma il fatto che
essi non sanno quando, e se, torneranno alla normale banalità rende questo
paradiso spaventoso. Con questa frase, risultato di una mia precedente lettura,
cosa voglio dire?!? Che sono forse pazzo (avendo anche buttato la frase senza
logica nel mezzo del testo)? Probabilmente si… Nei momenti di lucidità penso
che il Servizio Civile e Villaggio Fraternitè sono serviti a farmi capire che il
Paradiso è in Africa, in Italia, dappertutto, tra la gente di tutte le parti
del mondo, bisogna guadagnarselo pezzo per pezzo, assaporarlo e portarlo dentro
di se, al costo di rivoluzionare e stravolgere se stessi. Il punto di vista da
cui scrivo adesso è ben diverso dal punto di vista precedente alla mia
permanenza a Villaggio Fraternitè, adesso è il punto di vista di un ragazzo
soddisfatto di aver lavorato per una scuola, a disposizione di progetti di
solidarietà, di aver vissuto l’Africa aiutando e arricchendosi in mezzo alla
gente, guadagnando una fetta di paradiso da portare sempre dentro di se. La
normale vita in Italia sarà ben diversa, perché non sono pazzo e farò tesoro
indelebile di quanto guadagnato.
Giusto
oggi che finisco di scrivere cercando di formulare i miei pensieri (spero con
successo) è il 24 aprile 2017, 5 mesi dal mio arrivo, e rileggendo mi sentirei
di riscrivere il tutto, ma in maniera migliore, più fervida e più ricca, perché
anche a distanza di un solo mese sento questa esperienza sempre migliore, più
fervida e più ricca.
Arrivederci,
Au Revoir, Èyong Èfe, SayŌnara ...
Francesco Valerio
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