C’è
un vecchio film in cui il tizio dice alla fanciulla:
“... è
strano, lei non sembra essere inibita… allora perché ha pensato di essere fuori
posto? Nessuno
può dirle qual è il suo posto... dove è il mio posto? Dove è il posto degli
altri? Glielo dico io dove è. Dove lei è felice, lì è il suo posto.”
Ecco,
posso dire che nella seconda metà del servizio civile, poiché le circostanze
hanno fatto sì che l’esperienza procedesse secondo una direzione diversa
rispetto a quella con cui era iniziata, mi sono interrogata diverse volte; dapprima per capire quale fosse il “mio
posto” a Villaggio Fraternité, in quella piccola città a sud del Camerun
(Sangmelima) e poi in generale se quel “posto” potesse essere nel mondo della
cooperazione, che tanto mi aveva affascinato.
Per
la seconda questione ho pensato di procrastinare momentaneamente la risposta, mentre per la prima ho deciso che la
scelta migliore sarebbe stata quella di cercare di adattarsi, di essere
flessibile e di trovare una nuova collocazione in quel contesto; ho perciò
cominciato a correre (metaforicamente e letteralmente) ovunque ci fosse necessità e a svolgere qualsivoglia
compito mi venisse assegnato, cercando di farlo sempre al meglio.
A Villaggio avrei potuto fare certamente molto di più, ma poiché ho imparato ad
essere un po’ meno severa con me stessa, posso dire che va bene così; in generale ho cercato di “profiter”: ho
viaggiato “in solitaria” e in gruppo (adottata da dolcissime civiliste di
un’altra ONG) e questo mi ha consentito di trarre il meglio sia dalla
condivisione con altre persone che dallo star soli; in quest’ultima occasione
ho scoperto una nuova sensazione di libertà. Mi sono lasciata trasportare da
ciò che la realtà mi proponeva e ad un certo punto ho cominciato ad agire con
più leggerezza, io che viaggio da sempre con pesantissime zavorre... e mi sono
resa conto di questo piccolo ma grande mutamento che il Camerun aveva prodotto.
Questo Camerun amato/odiato in un’altalena emotiva durata un anno.
È finita e come nei film alla fine sullo schermo nero scorrono i titoli di
coda e i ringraziamenti alle persone che vi hanno partecipato.
Villaggio:
un luogo speciale, una scuola unica e una vera e propria casa per tante persone,
adulti e bambini.
La
mia famiglia AVAZ a Roma e a Sangmelima. Gli chefs, amici e fratelli prima
ancora che guide: hanno ascoltato i
miei pensieri confusi e tentato di dare delle risposte; mi hanno sostenuto
e supportato in plurime circostanze, mi hanno stimolato e attraverso conversazioni
maieutiche mi hanno permesso di tirar fuori pensieri e riflessioni impolverati che
per mia natura fanno fatica ad emergere; le loro splendide compagne hanno capito i miei complessi e le mie insicurezze e hanno “lavorato” in silenzio per ridimensionarli.
I
miei piccoli coinquilini con cui sono cresciuta anche io, due bimbetti speciali che con abbracci e riflessioni “adulte” mi hanno conquistata
(nonostante pianti e sveglie all’alba) e commosso, bussando al mio cuore duro.
Gli
amici, alcuni dei quali sono diventati persone di cui mi sono fidata, io,
sfiduciata per natura. Mi hanno accolta, integrata, aiutata ed io ho tentato
di fare lo stesso nel mio piccolo.
Le
mie sorelle: una ex volontaria, un’esplosione di carica, un arcobaleno dopo le piogge
torrenziali camerunesi, diventata la complice che mi ha traghettato
davvero fino alla fine (accompagnandomi in aeroporto) e una suora speciale, la
compagna di viaggio degli ultimi sei mesi dal sorriso aperto e dalle braccia
accoglienti, sempre pronta a dispensare consigli e adorabili quotidiane prese
in giro.
Chi
si è affacciato sul percorso un po’ per caso, chissà...
Chi
ha contribuito a farmi apprezzare questa cultura diversa, a farmi capire che non bisogna arrendersi anche quando tutto suggerirebbe di spegnersi.
Chi
rimarrà nonostante le distanze.
A
tutti loro va un sincero grazie!
Infine
a chi mi chiederà nei prossimi giorni perché non si resta semplicemente in
Italia, perché si parte per terre lontane, credo citerò sempre lo stesso vecchio
film in cui il solito tizio dice che c’è gente che va al parco a dare noci agli
scoiattoli perché farlo le rende felici. Ma alla fine, scoprire che ti rende
più felice dare scoiattoli alle noci, va bene lo stesso.
Alessandra