Mai mi sarei aspettata di dover rispondere così, su due
piedi, ad una domanda tanto importante.
Il sole tramonta e fuori le campane suonano, ma nella mia
testa c’è un turbinio di pensieri.
Perché, mi chiedo, perché è così difficile?
Perché scegliere di fare un anno di servizio civile vuol dire
mettersi in gioco e crescere, ma non sempre è facile lasciare le certezze per
partire e mettersi in cammino verso un luogo che, non solo è lontano, ma è
anche sconosciuto. Eppure, scegliere di vivere un’esperienza tale, vuol dire
fidarsi di sé stessi, di ciò che si sente sia opportuno fare in un periodo
preciso della propria vita, quando si è giunti al termine del proprio percorso
di studi. E per me, scegliere di fare servizio civile, è seguire una chiamata, è
saper leggere ogni singolo avvenimento come segno importante per la
realizzazione di un grande sogno. Mettersi al servizio degli altri per
(ri)trovare sé stessi, confrontarsi con altri, diversi da noi, per arricchirsi
e trovare così il coraggio, che non è negazione della paura, ma capacità di
controllarla. Mettersi alla prova in una cultura diversa perché “arrivando a
ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più
d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al
varco nei luoghi estranei e non posseduti. […] D’una città non godi le sette o
le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. O la
domanda che ti pone obbligandoti a rispondere.” (Italo Calvino)
Scegliere di fare il servizio civile vuol dire condividere un
pezzo del proprio cammino con altri giovani che, come me, si interrogano e
cercano risposte, anche se a domande diverse, ma da cui sicuramente si può
sempre imparare qualcosa di nuovo perché è nel confronto quotidiano dei propri
limiti e dei propri pregi che si può crescere e vivere in un clima di
fratellanza reciproca.
Vivere il servizio civile in terra africana, nella
foresta equatoriale camerunese e a contatto con i bambini, spero mi potrà
aiutare a farlo in modo più limpido e sobrio, più vero e diretto, prendendo una
pausa dal “mondo inquinato” in cui siamo immersi, sperando di sentire quel
vento fresco che potrà diventare l’ossigeno del mio respiro, la mia gioia di
vivere.
Ilaria Tinelli
Volontaria in Servizio Civile in Camerun
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