E allora
smettila di filosofare, di guardarti intorno con gli occhi gonfi di lacrime
come fosse qualcosa a cui vorresti disperatamente aggrapparti. Smettila di
cercare parole per descrivere quanto sia stato bello quest’anno. Sì, lo è
stato. È stato una scoperta di tutto, a partire da me stesso. Sono arrivato con
mille idee, me ne torno con una matassa che forse il tempo mi aiuterà a sbrogliare.
Sono partito portandomi il fardello dell’uomo bianco: “Tutta colpa nostra”, mi
dicevo. Una volta qui, ho stravolto il mio pensiero e iniziato a criticare
dentro di me quasi tutto quello che vedevo intorno. Il tempo ha fatto il suo e
ora apprezzo e comprendo, e quello che ancora critico lo leggo sotto un’altra
lente, forse più grande, o semplicemente meno sfocata.
Ora, non voglio fare
un’analisi di tutto quello che ho visto, interpretato e riprodotto in
quest’anno di servizio civile: sarebbe troppo lungo e troppo contorto ancora. E
più che una considerazione, vorrei lasciare qui, su questo foglio, solo un
desiderio: vorrei portare con me, nella mia vita, la loro leggerezza, la
leggerezza degli africani. Ho visto padri rischiare di perdere i propri figli e
continuare comunque a sorridere, ho visto sogni spezzarsi senza per questo
piegare il sognatore. Ho visto vite leggere, che non si fanno il fegato marcio
per qualunque cosa intorno non vada come dovrebbe o vorrebbero loro. “È così, è
la vita, prendere o lasciare”, sembrano dire.
Me ne vado con la consapevolezza
di non aver dato pressoché nulla, di aver ricevuto abbracci e sorrisi
immeritati, lascio qualcosa in sospeso che solo il tempo, forse, risolverà. E
no, non me ne vado felice. Vorrei restare, ora che ho cominciato a capirci
qualcosa del posto dove sono, ora che distinguo volti, sguardi interessati da
sguardi sinceri, ora che non ho più paura. Vorrei restare, ma non posso. Più
probabilmente non ho il coraggio di restare senza paracadute. Conosco qualcuno
che rimarrà anche dopo, in altri paesi e in altri luoghi. Avete la mia stima e
vi auguro il meglio. Per me, è ora di rientrare. Diverso da come sono partito, consapevole
che non riuscirò mai a capire e conoscere tutti i mondi che compongono questa
terra, ma speranzoso di conoscerli tutti. Magari con una vita presa più alla
leggera, intensa e mai banale.
Come diceva Charlie Chaplin: “Vivi come credi.
Fai cosa ti dice il cuore…ciò che vuoi… una vita è un’opera di teatro che non
ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama…e vivi intensamente ogni momento
della tua vita… prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi”.
Flavio Boffi
Volontario in Servizio Civile in Camerun
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