martedì 24 ottobre 2017

Articolo di fine Servizio Civile - Valerio Catania


Sto scrivendo queste righe comodamente seduto nella mia casa di famiglia a Troina, appena di ritorno dal Cameroun. Con la comodità e il calore familiare spero sia più semplice raccogliere le impressioni di questi dieci mesi, per meglio scriverle e trasmetterle.
Ma tirare le somme di questo anno di servizio civile non è in ogni caso facile, perché i risultati di questa breve e profonda esperienza sono tanti, continuano a fiorire giorno dopo giorno, anche dopo il rientro; ne ho goduto a fondo e continuerò a goderne. Sarebbe bello scrivere tra qualche mese o anno, quando avrò capito meglio, quando ne avrò compreso i risultati positivi e negativi; ma come ho imparato, non sono bravo con le promesse.
Sono partito con mille idee e con tanta voglia di fare e di cambiare, come tutti insomma. Sento chiaro adesso il cambiamento in me stesso cosi profondo seppur dopo un trascurabile arco di tempo; purtroppo non ne percepisco ancora i particolari. 
Torno carico di esperienze e di emozioni e allo stesso tempo più semplice e leggero. Semplice come la gente che ho incontrato, come questo articolo, come le mie emozioni adesso, semplicemente felice per aver vissuto quasi un anno a Villaggio Fraternité, a Sangmélima. Semplicemente soddisfatto per aver collaborato all'interno di questo progetto sentendomi accettato e partecipe alla cooperazione internazionale. 
Torno consapevole della potenza di questo strumento quando affidato alle mani forti di una famiglia come Avaz, capace di creare Villaggio Fraternité, in cui si aiuta la cosa più preziosa, i Bambini, e in cui ci si sente tranquilli e accettati come a casa, a qualsiasi età, sia vivendoci per pochi mesi che lavorandoci per anni.
Villaggio è una scuola, e viene da domandarsi cosa ci sia di speciale in una scuola, soprattutto in contesti in cui di scuole se ne incontrano in ogni dove. È una scuola italiana perfettamente integrata e accettata nel contesto in cui si trova; per questo è un luogo speciale, una casa, non solo per me ma per tutti coloro che lo frequentano. È il luogo in cui con serenità ho affrontato le mie paure e debolezze, in cui sono cresciuto, è il luogo che ringrazio.
A pochi giorni dal rientro mi sento triste e sconvolto. Penso a Sangmélima, a Villaggio e a tutta la gente che ho incontrato in questo viaggio per sentirmi sollevato, mi sento felice quando percepisco che questi luoghi e queste persone esistono e continueranno ad esistere su questa terra.

Grazie, continuate ad esistere.


Valerio Catania
Volontario in Servizio Civile in Camerun

lunedì 16 ottobre 2017

Articolo di fine Servizio Civile - Erica Calabria


Dopo 10 mesi di Servizio Civile trovo difficile scrivere questo articolo, le cose da raccontare sono davvero troppe e anche le sensazioni. Sento prima di tutto di dover ringraziare tutti quelli che ne hanno fatto parte, chi da qui in Camerun e chi dall'Italia; la collaborazione è stata continua e sempre presente.

Ricordo il primo periodo, dove volevo far di tutto per dare qualcosa a questo progetto. Partiamo tutti con una grande voglia di fare tanto e a volte anche troppo. All'inizio i bambini non ti conoscono e ti vedono come il volontario nuovo e perciò sono molto curiosi: ti guardano le braccia e notano le vene, o ti toccano i capelli che per loro sono morbidi come quelli dei neonati. Mi rendo conto solo questo ultimo mese dove la scuola è ricominciata, di voler fare una pausa e godermi tutto quello che ho attorno, i bambini, il personale, ma anche il paesaggio e tutto quello che all'inizio sembrava strano.

Ho iniziato le lezioni di inglese nelle classi della primaria nel mese di febbraio. Non sapevo come sarebbe andata e nemmeno se ne sarei stata in grado. I bambini inizialmente ti vedono come l’amica e non come la maestra, per cui bisogna trovare il modo per farsi ascoltare e rispettare in classe, senza dover solo giocare. Con i più grandi è stato facile, coi più piccoli è stato sufficiente preparare lezioni con giochi o divertendosi, soprattutto con lezioni multimediali. E' stata davvero soddisfacente come attività, ancora oggi quando entro semplicemente nelle classi, mi salutano con “Good morning Madam”. Ho imparato molto in questo campo dalle maestre di Villaggio, soprattutto sul come farsi ascoltare. Certo tenere 40 bambini non è semplice, anche se loro lo fanno sembrare davvero facile. Collaborare con loro è gratificante.

Villaggio ti dà tante soddisfazioni, come per esempio il “progetto orto” che abbiamo iniziato questa estate e che sta dando i suoi frutti, o vedere il Centro di Accoglienza coi suoi educatori lavorare sul campo. Villaggio é sempre in continua evoluzione e cerca di migliorarsi nel tempo. Penso che come ogni anno cambino i volontari e i loro interessi, anche Villaggio migliori in campi diversi a seconda di cosa i volontari portano con sè. É come se ogni volontario andasse ad aggiungere qualcosa di personale al progetto, condividendolo.


Sarà difficile riabituarsi all’Italia dopo essersi integrati con la cultura di qua, ci vorrà tempo, come per tornare a dire “strano” anziché “bizzarro”. Me ne andrò con un bellissimo ricordo, sapendo come funziona la cooperazione e com'è farne parte. Essersi trovati a proprio agio in una comunità così diversa, che ti accoglie curiosa e vuole collaborare con te, non è scontato. 

Quindi ringrazio ancora tutti coloro che lo hanno fatto e che mi hanno fatto sentire parte di qualcosa.

Erica Calabria
Volontaria in Servizio Civile in Camerun

lunedì 9 ottobre 2017

Articolo di fine Servizio Civile - Flavio Boffi


Ora calmati. Mettiti seduto, rilassati e calmati. Lo sapevi dall’inizio che sarebbe arrivato questo giorno. Non sarai né il primo né l’ultimo che farà esperienze del genere, e nemmeno l’ultimo che se ne andrà con il groppo in gola. Nemmeno a dire che hai lasciato ‘sto segno indelebile non dico nella società, ma manco in una persona. Sì, hai vissuto, amato e scoperto. E qualcuno si ricorderà di te ancora per un po’ dopo la tua partenza. Ma nulla di più. Punto, a capo, capitolo b. 
E allora smettila di filosofare, di guardarti intorno con gli occhi gonfi di lacrime come fosse qualcosa a cui vorresti disperatamente aggrapparti. Smettila di cercare parole per descrivere quanto sia stato bello quest’anno. Sì, lo è stato. È stato una scoperta di tutto, a partire da me stesso. Sono arrivato con mille idee, me ne torno con una matassa che forse il tempo mi aiuterà a sbrogliare. Sono partito portandomi il fardello dell’uomo bianco: “Tutta colpa nostra”, mi dicevo. Una volta qui, ho stravolto il mio pensiero e iniziato a criticare dentro di me quasi tutto quello che vedevo intorno. Il tempo ha fatto il suo e ora apprezzo e comprendo, e quello che ancora critico lo leggo sotto un’altra lente, forse più grande, o semplicemente meno sfocata. 
Ora, non voglio fare un’analisi di tutto quello che ho visto, interpretato e riprodotto in quest’anno di servizio civile: sarebbe troppo lungo e troppo contorto ancora. E più che una considerazione, vorrei lasciare qui, su questo foglio, solo un desiderio: vorrei portare con me, nella mia vita, la loro leggerezza, la leggerezza degli africani. Ho visto padri rischiare di perdere i propri figli e continuare comunque a sorridere, ho visto sogni spezzarsi senza per questo piegare il sognatore. Ho visto vite leggere, che non si fanno il fegato marcio per qualunque cosa intorno non vada come dovrebbe o vorrebbero loro. “È così, è la vita, prendere o lasciare”, sembrano dire. 
Me ne vado con la consapevolezza di non aver dato pressoché nulla, di aver ricevuto abbracci e sorrisi immeritati, lascio qualcosa in sospeso che solo il tempo, forse, risolverà. E no, non me ne vado felice. Vorrei restare, ora che ho cominciato a capirci qualcosa del posto dove sono, ora che distinguo volti, sguardi interessati da sguardi sinceri, ora che non ho più paura. Vorrei restare, ma non posso. Più probabilmente non ho il coraggio di restare senza paracadute. Conosco qualcuno che rimarrà anche dopo, in altri paesi e in altri luoghi. Avete la mia stima e vi auguro il meglio. Per me, è ora di rientrare. Diverso da come sono partito, consapevole che non riuscirò mai a capire e conoscere tutti i mondi che compongono questa terra, ma speranzoso di conoscerli tutti. Magari con una vita presa più alla leggera, intensa e mai banale. 
Come diceva Charlie Chaplin: “Vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore…ciò che vuoi… una vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama…e vivi intensamente ogni momento della tua vita… prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi”.   

Flavio Boffi
Volontario in Servizio Civile in Camerun