mercoledì 23 novembre 2016

Perchè hai scelto il Servizio Civile Nazionale? Valerio: "Per avere l'opportunità di rivoluzionarmi"

Perchè hai scelto il Servizio Civile Nazionale? 

Rivoluzionare e rivoluzionarsi

Sarò sincero con voi, dopo la laurea la mia vita stava prendendo una direzione un po' troppo lineare (eh sì, la vita da ingegnere è abbastanza dura J).
Ho quindi deciso di fermarmi e riflettere… La necessità di una rivoluzione personale ha preso il sopravvento. Sfogliando tra le varie opportunità utili a questo scopo e riservate ai giovani come me (ancora per poco, s’intende XD) mi sono subito concentrato sul servizio civile all’estero. Leggendo i bandi ho individuato quelli che potevano meglio adattarsi alle mie passioni e alla  mia formazione. Ed ecco una miriade di opportunità in cui mettersi in gioco sia professionalmente che umanamente.
Ed ecco anche la possibilità per rivoluzionarsi, per spostare per un po' il centro della propria attenzione da sè stessi verso gli altri e per mettersi veramente in gioco.

Ho scelto l’Africa. Gli aspetti legati al mondo dell’acqua, dell’agricoltura e dell’ambiente hanno letteralmente conquistato la mia attenzione; senza riflessione alcuna, ho quindi compilato e spedito la domanda.

Non restava quindi che aspettare...

AVAZ ha scelto me e sono pronto.
O meglio: siamo pronti, saremo in quattro a partire per Sangmelima: Flavio, Silvia, Erika ed Io.
O meglio ancora, saremo in tantissimi: decine di ragazzi che come me hanno scelto il servizio civile all’estero per lasciare un pezzetto di se stessi in giro per il mondo per ritornare a casa un po’ più ricchi.

Forza Ragazzi!


Valerio Catania 

Perché hai scelto il Servizio Civile Nazionale? Erica: "Perché si vive di emozioni e il Servizio Civile Nazionale ne è pieno"

Perché fare l’esperienza di Servizio Civile Nazionale

Si può pensare che l’esperienza di Servizio Civile inizi nel momento in cui si prende un aereo per il Paese di destinazione.
Questa esperienza ha invece inizio nel momento in cui si decide di iscriversi alle selezioni,  perché già in quell’istante si ha riflettuto parecchio sul tipo di scelta fatta.
E di che tipo di scelta si tratta? Bisogna tener conto di molti fattori, come lo stare lontani da casa, dai propri cari, dalla routine. Si tratta di prendere in mano la propria vita e di valutare se è il momento di fare dei cambiamenti. 
Il Servizio Civile Nazionale ti dà l’opportunità di stare in un Paese estero per dieci mesi, in un contesto totalmente nuovo, persone nuove, lingua diversa. Una cultura sconosciuta, l’ignoto. Preoccupante, ma allo stesso adrenalinico ed elettrizzante.
Tutto questo però va in secondo piano rispetto alla motivazione che più di tutte ti spinge a fare domanda: la voglia di aiutare il prossimo, di voler fare qualcosa di concreto per migliorare la società. Sentirsi parte di un progetto il cui obiettivo è aiutare i paesi più poveri è stimolante. 
È vero che molti lo considerano un lavoro, è pagato certo. Ma nessuno può sperare di partire per un’esperienza simile per soldi o per una voce in più da aggiungere al curriculum.
Il Servizio Civile Nazionale dà anche questo, ma ciò che conta di più è il voler trasmettere i nostri valori e magari riuscire ad assorbirne di nuovi.
Questa è un’esperienza in cui si dà, si va per dare un contributo, un aiuto.

A rifletterci bene però, alla fine sarà più un ricevere di emozioni. Dire emozioni è facile, sentire sarà poi tutta un’altra cosa. Non riesco nemmeno ad immaginare quanto tutto questo cambierà e aiuterà la mia vita futura nel mondo.
Quindi alla domanda “ perché ho scelto di fare il SNC” , la mia risposta è perché si vive di emozioni e il Servizio Civile Nazionale ne è pieno.

Erica


mercoledì 2 novembre 2016

Perché hai scelto di fare il servizio civile? Silvia: "Per contribuire a realizzare un mondo migliore"


Mi chiamo Silvia ho 20 anni ed un pensiero fisso in testa: qual è il mio scopo nella vita ?

Fin da quando sono piccola mi sono sempre interrogata su questo argomento; non ho mai accettato l’idea di vivere una vita banale e inutile.Pensavo  che essere ricordati fosse fondamentale, sognavo di diventare medico, presidente e avvocato prestigioso: volevo lasciare un segno una traccia indelebile in questo mondo.

Crescendo ho capito che non è necessario comparire sui libri di storia per vivere una vita degna. Ho capito che forse la mia necessità di essere ricordata era legata alla paura di morire, sparire per sempre e quella sensazione di sentirsi così piccoli ed impotenti di fronte all'immensità di questo spazio e di questo tempo.

Mentre i miei compagni di liceo sceglievano l’università con una facilità impressionante io rimanevo lì, incagliata nelle mie paure e nei miei mille dubbi. Non volevo seguire la corrente e fare l’università perché la facevano tutti, non volevo sprecare il mio tempo, volevo renderlo parte di uno scopo da raggiungere, lo scopo della mia vita. Ma prima di fare tutto ciò dovevo individuarlo.

L’unica costante della mia vita era quella voglia di cambiare e di migliorare il mondo che ci circonda, quella sensazione di non sopportare le ingiustizie.

Vivere rispettando gli altri però non era sufficiente ad appagare la mia voglia di fare e di aiutare.
Avevo bisogno di fare un’esperienza forte che mi facesse realizzare davvero il mondo che mi circonda ed aiutarmi a trovare la strada per migliorarlo... 

Servizio civile all'estero era la risposta.



Perché hai scelto di fare il servizio civile? Flavio: "Perché mi rende felice"

Alla domanda “Perché hai scelto di fare il servizio civile?” le soluzioni al quesito possono essere infinite. Sicuramente, la risposta cambia a seconda della persona interrogatrice. Se a porla è un amico poco addentro al settore, risponderò: “Perché si conosce un sacco di gente nuova e si vive un’esperienza che…quando ti ricapita?!” teorizzando e praticando dunque “la banalità al potere”. Se invece a rivolgermela è qualcuno già conoscitore dell’ambiente, risponderò: “Perché, oltre al classico <<aiuto gli altri>>, posso crescere professionalmente. Perché poi lo sai che tutte le Ong chiedono almeno un anno di esperienza>>”.
Ma non regge questa spiegazione. Né questa, né qualche altra. La verità è una e una sola: non c’è un perché. O meglio, ce ne sono così tanti che alla fine ti sembrano banali, scontati e, in fondo, non veritieri. Si parte semplicemente perché...si è matti. Sì, è questa la realtà: se lasci il lavoro, gli affetti, la tranquillità, la routine non sei un eroe, probabilmente sei uno un po' sopra le righe. Un matto. “Curioso” potrebbe essere il diminutivo di questa interpretazione della parola, ma chi parte ha già raggiunto un livello superiore. Sei matto per il mondo, sei matto per la gente, perché la vuoi toccare, abbracciare, litigarci vis à vis. Non vuoi stare dove sei e brami per andare giù, in un mondo che non conosci, ma che ti affascina da morire. E già ti vedi sull'aereo, e già ti vedi lì in mezzo, immaginandoti volti, colori e situazioni (e restando, nella maggior parte dei casi, totalmente disilluso). L’Africa, il Sud America, sono solo stati della tua mente folle, che non riesce a ragionare, a concepire un mondo di limiti e barriere, un mondo finito. Se dovessi pensare a un minimo comune denominatore tra i civilisti, penserei all'incoscienza.
Potrebbe sembrare, da quanto scrivo, che - aggettivandomi in questo modo – voglia “farmi bello” agli occhi del lettore. No, assolutamente il contrario forse: chi parte non è coraggioso, non è fico e non è più sensibile degli altri. In moltissimi casi è un vigliacco che scappa e che non ha voglia di legarsi a una sola persona. Si potrebbe quasi definire un insensibile. Proprio perché non riesce a mettere barriere e lacci al suo corpo. Soluzioni diverse si potrebbero cercare: se solo si avesse coraggio, appunto, si potrebbe costruire la propria vita tentando di rimanere liberi, ma non per questo evitando di assumersi le proprie responsabilità, soprattutto nei confronti degli altri. Invece il civilista è il tizio che se la canta e se la suona, che mette davanti una serie di fandonie pur di non prendersi responsabilità. Sta così, vaga per il mondo alla ricerca di se stesso, o meglio: per scappare da se stesso. Peccato sia un processo teso all'infinito.

E allora ecco, a questa domanda non posso rispondere. Cambiando quanto scritto all'inizio, non posso rispondere non perché non vi sia un perché, ma in quanto il mio perché implicherebbe una serie di analisi su me stesso che, da evaso della vita, temo orribilmente. L’unica parola, frase, stato d’animo che, a pensarci, ha forse la capacità di far quadrare il cerchio potrebbe essere la felicità. Ecco, se ripenso ai miei periodi trascorsi all'estero impiegato come volontario, mi rivedo felice. Ero felice, davvero. Non si aveva nulla, nella maggior parte dei casi toccavi e vedevi cose schifose. Eppure avevamo tutti una energia vitale incredibile. Nascevano infatti legami, affetti, amori indissolubili. Qualunque preoccupazione o ansia che ci aveva perseguitato e attanagliato sino a quel momento, nel nuovo mondo non esisteva, scompariva, come fosse niente, come ci si fosse improvvisamente resi conto di quanto era niente. Ricordo le lacrime di gioia, ricordo i volti di tutti. Mi vedo felice.
L’altra immagine è del ritorno. Facilissimo essere risucchiati nuovamente nella routine tanto dileggiata e, di conseguenza, riacquisire tutte le ansie perdute e dar loro di nuovo un peso che non meritano. E ti dimentichi di quando eri felice, hai qualcosa di meglio da fare che dirti “Come sono fortunato”, come se essere felici non fosse abbastanza importante.
Poi leggi di un bando, di un nuovo progetto, di un’esperienza di volontariato. I ricordi tornano alla mente, la felicità si riaffaccia. Ti rivedi felice, tu che in quel momento vorresti piangere. E allora addio ai perché e alla razionalità, che si liberino le gabbie al folle. Si torna a ridere!