venerdì 28 novembre 2014

Gregoire, il bambino senza parole

Gregoire ha 3 anni appena compiuti. Frequenta la Petite Section, la prima classe della materna. Vive all'orfanotrofio di Maman Lucie insieme a suo fratello. Non conosciamo bene la sua storia, ma già questo basta per capire che ha un vissuto pesante nonostante la sua tenera età. 

I primi giorni di scuola arrivava senza divisa e senza parlare, sembrava non sapere le parole. E’ stato iscritto a scuola da uno dei ragazzi più grandi dell’orfanotrofio in cui vive e in classe era l’unico bimbo che non rispondeva mai all'appello. 

La sua insegnante, Tata Nathalie, gli ha chiesto come si chiamasse e quale fosse il suo quartiere mille volte, prima in francese, poi in Bulu, il dialetto del luogo. Ma Gregoire non ha mai risposto, non ha mai detto una parola. L'ho trovato spesso in disparte, anche durante l’intervallo, sempre in silenzio.



Piccolino, ma con la fronte alta e l'espressione seria, mi fissava sempre come se fosse arrabbiato. I primi giorni di scuola Carlo, l'altro volontario del Servizio Civile con me al Villaggio Fraternitè, l’ha immortalato in diverse foto e mostrandomele diceva: “Sembra sempre che ce l’abbia con me”, tanto il piccolino era imbronciato.

Mi capita di osservarlo spesso, e ora, a distanza di qualche mese, soprattutto al Centro d’Accoglienza, partecipa nel suo piccolo alle attività: colora, disegna, va dietro agli altri bambini. Solo da poco l’ho sorpreso a parlare con la sua vocina dolcissima e quando lo fa, quando finalmente si libera dalla paura e si esprime cambia completamente i tratti del suo bellissimo viso e la sua espressione seria sparisce. Ha iniziato addirittura a sorridermi! 

Mi ha commosso quella sua vocina così delicata, ma mi ha anche tranquillizzata.  Alla fine il piccolo Gregoire aveva solo bisogno di sentirsi rassicurato per sciogliersi un piano piano.

Claudia

venerdì 7 novembre 2014

Il bambino preferito: una storia d'amore

Ebbene sì, ho un bambino preferito. Mi fa strano scriverlo. Non sono tipo da preferenze, sono stata cresciuta da genitori che hanno amato me e i miei fratelli in maniera eguale, non sono mai stata la preferita della maestra, né la più simpatica tra i miei amici.

Una delle prime mattine qui al Villaggio Fraternité, sono arrivata alla materna prima dell’orario di inizio della scuola, quando i bambini vivono un momento di animazione nel cortile dei giochi. Dopo una rapida messa a fuoco sono rimasta colpita da un bambino che al richiamo della maestra, mentre tutti gli altri cantavano e ballavano, non aveva avuto nessuna reazione. Se ne stava lì, perso nei suoi pensieri, lontano da tutto quello che lo circondava.

Da quel momento è diventato il mio bambino preferito. Sempre in quel momento, però, decisi che non avrei mai manifestato a lui o agli altri bambini questa preferenza; non farò eccezione nemmeno con voi, quindi perdonatemi se non scriverò il suo nome né allegherò una sua foto.

All’epoca il piccolo aveva 3 anni e, anche se in quel periodo  ho trascorso molto tempo con i bimbi durante la ricreazione e la merenda, lui non si è mai avvicinato a me.  Per qualche mese non ho saputo nemmeno il suo nome. Gli ho sorriso più volte, così come faccio con tutti,  ma lui ha sempre distolto lo sguardo. Non è mai venuto a salutarmi come gli altri quando mi  vedevano arrivare. Molto timido, parlava con gli amichetti solo quando si avvicinavano per giocare.

Ma nel tempo piano piano qualcosa è cambiato e ho visto i suoi progressi. Tra la fine  del vecchio anno scolastico e l’inizio del nuovo ha iniziato ad aprirsi: ora sorride, interagisce e partecipa alle attività di gruppo. Sta prendendo confidenza con il francese (in casa spesso si parla solo il dialetto locale) e questo gli permette di lasciarsi coinvolgere dalle lezioni e dai giochi. E’ diventato amico di Carlo, l’altro volontario in servizio civile; quando lo vede gli corre incontro, gli sorride, gli stringe la mano.

E io? Beh, io ho continuato a giocare con tutti i bambini che lo desideravano, senza forzarli.  Lui non mi ha mai rivolto la parola… fino a qualche giorno fa. Un pomeriggio, mentre davo una mano al Centro d’accoglienza e distribuivo i disegni da colorare tratti da un cartone animato che avevamo guardato tutti insieme, è accaduto qualcosa. I bimbi erano tutti al loro posto e io passavo tra i tavoli  con i fogli e i pastelli. Arrivata al suo banco ho consegnato anche a lui alcuni pastelli e mi  sono mossa verso il tavolo successivo quando una vocina flebile mi ha bloccato: “Mercì Tata Clodia”...Grazie a te, piccolo mio, che mi hai scaldato il cuore. 

Claudia