mercoledì 15 maggio 2013

Il racconto di una coppia di sostenitori AVAZ che ha adottato a distanza uno dei bambini del Villaggio Fraternité


Siamo Barbara e Giuseppe e la nostra famiglia ha adottato a distanza Pierre, ormai da più di due anni.
Ci siamo “regalati” questa adozione dopo tanti e tanti anni di buoni propositi. Molte volte, infatti, avevamo parlato di adottare un bambino, ma mai avevamo preso la decisione, soprattutto per il timore di essere ingannati, visto che spesso si sentono brutte storie di truffe e di frodi. Due anni fa, abbiamo conosciuto il progetto sul sostegno a distanza dell’AVAZ, associazione seria e “trasparente” nel suo operato che già conoscevamo da tempo, e abbiamo scelto di passare dalle parole ai fatti.

Abbiamo usato il termine regalare, perché pensiamo che sia davvero un regalo fatto alla nostra famiglia. Si dice spesso che fare del bene fa bene innanzitutto a chi lo fa e questo lo crediamo sempre di più, anche in conseguenza dell’adozione di Pierre. Sapere di riuscire, con un piccolo sacrificio economico, ad offrire cibo quotidiano e istruzione ad un bambino che, diversamente, non avrebbe potuto permetterselo, ti fa sentire importante, perché sai di star incidendo, positivamente, sulla vita di un essere umano lontano migliaia di chilometri. E questo senza stravolgere la vita di un bambino, ma solo dandogli la possibilità di acquisire gli strumenti utili per garantirsi, da solo, un futuro positivo. E significa anche regalare e regalarsi una possibilità di conoscere altri luoghi, altre storie di vita, altre esistenze tanto diverse dalle nostre realtà e questo è un arricchimento per noi e per i nostri figli che, troppo spesso, credono che il loro mondo sia l’unico esistente, dando per scontato tutto ciò che hanno.

Nel 2011 avevamo due bambini di 3 e 2 anni ed abbiamo spiegato loro la nostra scelta, dicendo che Pierre è un bimbo che vive in un posto molto lontano da noi e che noi lo avremmo aiutato, inviandogli del denaro che sarebbe servito per mandarlo a scuola, visto che non aveva dei genitori che potevano occuparsi di lui. Quando dall’Avaz ci è arrivata la foto, Giulia e Valerio hanno fatto vedere a tutti il loro “fratellino a distanza”, e poi abbiamo scelto di appenderla al muro in mezzo alle altre foto di famiglia, cosa che abbiamo fatto anche con quella che ci è arrivata lo scorso anno. E’ un modo, questo, di ricordarci di lui e di sentirlo come una “parte lontana” della nostra famiglia.

Giulia e Valerio lo scorso mese sono stati felicissimi di fare per Pierre dei disegni che Alessandro e Valentina hanno portato in Camerun qualche settimana fa. In realtà, oltre ai disegni per lui, i bimbi hanno fatto anche altri disegni per gli altri alunni, perché, con il sostegno a distanza, si entra nell’ottica di aiutare, oltre ad un bambino specifico, tutti gli altri che frequentano la scuola. In questo “disegno a distanza”, abbiamo coinvolto anche la loro classe di scuola materna e Giulia e Valerio sono stati contenti, perché tutti i compagnetti facevano qualcosa per il loro “fratellino” lontano e per i suoi amici.

L’adozione a distanza, richiede un minimo impegno, soprattutto economico, ma ti regala, tra le altre cose, la consapevolezza di essere utile e ti offre la possibilità di operare realmente e concretamente per combattere un pezzetto di disagio, ricordandoci che un nostro minimo sacrificio può migliorare l’esistenza di molte persone.
E, soprattutto in questo caso, più siamo e meglio è, perché di bambini che hanno bisogno di noi ce ne sono tanti ora e, purtroppo, ce ne saranno anche domani.

Barbara e Giuseppe


venerdì 10 maggio 2013

Testimonianza di un volontario andato nel Villaggio Fraternité


Un paio di anni fa, alla proposta di Ernesto Luzi, Presidente di AVAZ,  di partire per il Camerun non ho avuto esitazioni: ho detto subito di sì……

Il mio innato desiderio di viaggiare assieme alla fortissima  pulsione  di vedere la realtà del Villaggio Fraternité, hanno trovato immediata realizzazione.

Sono partito senza aspettative, senza ogni possibile giudizio di sorta...sinceramente non sapevo che genere di realtà avrei potuto trovare.

Forse è proprio per questo che la sorpresa, una volta arrivati lì, è stata grandiosa. Anzitutto la bellezza del posto. Il villaggio è situato proprio a ridosso di una  foresta equatoriale. La sola visione di tutta quella natura è di per se' pacificante.

La cosa che più mi ha colpito è stato comunque il clima generale di serenità che avvolge al totalità del villaggio e le sue attività.

In un contesto sociale che a me è parso essere decisamente difficile, il villaggio rappresenta un’oasi di felicità: ho visto tanti bambini potersi esprimere, giocare, studiare ed in generale vivere in totale armonia e spensieratezza.

Penso che porterò sempre con me il ricordo degli sguardi, delle corse e degli abbracci dei piccoli tutte le volte che offrivamo loro un sorriso e la nostra disponibilità a giocare….

Mi auguro vivamente di poter fra presto ritorno lì……

Mauro Terribili



Eko e Emillienne

Eko e Emilienne sono fratello e sorella, 9 anni lui, 6 anni lei. Vivono con Maman Lucie che è diventata la loro tutrice a seguito dell’ incidente che ha reso orfani i due bambini.


La piccola casa di Maman Lucie è una sorta di orfanotrofio ridotto ai minimi termini, ospita una ventina di persone, non solo bambini orfani ma anche adulti in difficoltà, anziani soli e ragazze madri.

Maman Lucie ci racconta la triste storia dei due fratellini:
“ Vivevano insieme ai loro genitori in un villaggio vicino a Sangmelima sulla grande strada asfaltata.
Sfortunatamente la loro mamma si ammala, la loro famiglia è povera, non dispongono del denaro sufficiente per poterla curare e quindi il papà decide di andare a cercare qualcuno che possa aiutarlo, lascia i bambini al villaggio e parte con il moto-taxi. Le strade dei villaggi sono molto insidiose, soprattutto durante la stagione delle piogge, il conducente della moto si distrae, fa un errore fatale,  cadono, il loro papà muore. Nonostante la malattia quando sua moglie viene a conoscenza dell’incidente  vuole assolutamente recarsi in ospedale. Il destino vuole che anche lei muoia a causa di un incidente stradale lungo il tragitto per raggiungere il suo defunto marito. L’unico familiare dei bambini ancora in vita è la  nonna, malata di tubercolosi e da diverso tempo ricoverata in ospedale, l’anziana signora non ha alcun mezzo di sostentamento e non può crescere i due piccoli orfani, decide dunque di affidarli alle cure di Maman Lucie.”

Da quando Eko e Emilenne vivono con lei le loro giornate  si svolgono  regolarmente, si svegliano molto presto, prima ancora che il sole sorga  e dopo un momento di raccoglimento e di preghiera i bambini vanno alla ricerca dell’acqua in un pozzo non molto distante da casa loro e cominciano a sbrigare le faccende domestiche, lavano gli abiti sporchi e si preparano per andare a scuola, dando una mano ai bambini più piccoli che ancora non possono farlo da soli.

Alle 7.30 scendono in strada per aspettare lo scuola bus di Villaggio Fraternitè ; con loro ci sono altri tre bambini  ospiti di Maman Lucie che sono stati adottati dal Centro di Accoglienza Dylane, Lucie e Megan.
L’incontro con gli altri compagni di scuola è motivo di gioia e di festa, alle 8.00 iniziano le attività  e i piccoli della materna  sono impegnati in canti e balli prima di entrare nelle rispettive classi . Emilienne frequenta la Grande Section cioè il terzo anno della scuola materna.

Eko frequenta la seconda elementare ed è tra i più bravi della classe.

Il pomeriggio i bambini sono impegnati nelle attività del centro d’ accoglienza con le loro maestre-mamme Agathe e Sidonie, le ore scorrono veloci e felici tra colori, giochi di gruppo e il tanto atteso pranzo in mensa tutti insieme; alle 17.00 si sale sul pulmino ed è ora di tornare a casa.

I bambini qui giù è come se crescessero più in fretta e gli avvenimenti tristi, troppo spesso ricorrenti, velano i loro occhi di  malinconia, una svanita  serenità di fronte a  drammatiche realtà. Le ore spensierate vissute a scuola e al Centro restituiscono un po’ di quella  felicità a cui tutti i bambini avrebbero diritto.




martedì 7 maggio 2013

L' Africa da Volontaria

L’Africa è sempre stata il mio sogno, ho scelto un percorso di studi in cooperazione internazionale proprio per poter realizzare le mie ambizioni, viaggiare e lavorare sul campo, provando a fare qualcosa di concreto, contribuire al  miglioramento delle condizioni di vita  delle cosiddette  “popolazioni  dei paesi in via di sviluppo”.

Dopo due brevi soggiorni in Kenya prima e in Camerun decido che è il momento di impegnarmi seriamente e per un periodo di tempo più lungo. Scelgo il Camerun come meta e incontro l’ AVAZ  l’ organizzazione che mi ha permesso di partire come volontaria in servizio civile in un progetto in fase di avviamento a Sangmelima, cittadina a sud del paese, verso il confine con il Gabon.


Da dicembre 2009 a dicembre 2012 il Villaggio Fraternité è stata la mia casa;   all’inizio era un cantiere, il centro era in fase di costruzione e ho dunque avuto la possibilità di ambientarmi  prima di iniziare  le attività per  l’organizzazione  e l’apertura  della scuola.


Naturalmente non sono mancate difficoltà, complicazioni e ritardi nel processo di avviamento del centro. Finalmente  a  settembre 2010 partiamo con le tre classi della scuola materna e il centro d’accoglienza: significa circa 120 bambini iscritti e un lavoro enorme per garantire un buon servizio a tutti coloro che hanno riposto la loro fiducia in noi. A settembre 2011 abbiamo avuto la possibilità di ingrandirci, integrando alla struttura le prime due classi della  scuola elementare.


Attualmente 360 bambini frequentano la nostra scuola e 92 sono “ospiti” del centro d’accoglienza, una struttura d’aiuto all’infanzia che si prende carico dei bambini meno fortunati offrendo  sostegno scolastico, dopo scuola, assistenza medica e due pasti al giorno.


Il Villaggio Fraternitè è un aiuto concreto per  quelle famiglie in difficoltà che vivono nei villaggi limitrofi, che non hanno la possibilità di pagare una retta scolastica e che altrimenti non potrebbero mandare i loro figli a scuola perché in Camerun anche la scuola “pubblica” si paga. In realtà di scuole ce ne sono molte, ma dato il numero consistente di bambini in età scolare, ci sono casi in cui in una classe tenuta da un singolo maestro si ritrovano più di 70 bambini. 


Durante il periodo vissuto  in Camerun mi sono frequentemente imbattuta in contraddizioni  e ho cominciato a percepire il nostro quotidiano, quello “europeo” o meglio ancora “italiano”, in modo diverso.

Si può provare ad essere attenti  a tematiche quali la povertà, la fame nel mondo, la carenza d’acqua ed essere allo stesso tempo solidali, ma mai si può capire a pieno quello che significa “mancanza” se non si vede con i propri occhi.


Ad alcune persone, anzi, a molte persone in Camerun, a Sangmelima mancano il cibo, le medicine, i libri e naturalmente i mezzi economici per poter vivere in modo dignitoso, ho riscontrato tantissime situazioni di mancanza che mi hanno fatto sentire impotente,  ma allo stesso tempo mi hanno aiutato a rivalutare tutto quello che noi diamo per scontato nelle nostre vite piene di beni materiali e di tutto quello di cui abbiamo bisogno.

La mia vita in Camerun era semplice, lì non si bada a tutte le formalità e allo strato superficiale delle cose e soprattutto non esiste l’affannata rincorsa verso gli obiettivi di ricchezza, prestigio, fama e bellezza..


In tanti sognano l’ Europa, ma con le idee poco chiare circa quello che troverebbero una volta arrivati qui. La televisione   mostra immagini di benessere e vite dorate e questo alimenta false speranze, fa nascere una sorta di invidia nei confronti dei “bianchi” pieni di soldi. Il confronto culturale a volte è difficile, ma io ho avuto la fortuna di incontrare persone speciali che mi hanno aiutato ad ambientarmi e sono state mie sincere amiche.


Questa esperienza mi ha arricchito tantissimo. Credo che esista una sorta di egoismo da parte del volontario perché i primi beneficiari del bene che intendiamo fare agli altri siamo noi stessi. Lavorare a contatto con i bambini, pensare di aiutarli a migliorare anche solo un po’ il loro avvenire,  ti spinge ad impegnarti sempre di più.


Durante gli ultimi mesi trascorsi a Sangmelima sono stata incaricata della Direzione della scuola elementare e questo mi ha dato la possibilità di osservare anche i più piccoli progressi di ogni singolo alunno, di avere uno stretto rapporto con i genitori ed immedesimarmi nei loro problemi, aiutarli a trovare soluzioni e farli sentire parte integrante del progetto che insieme a loro deve crescere e rispondere il più possibile alle loro esigenze.


Da alcuni mesi sono tornata in Italia sicura di aver vissuto l’esperienza più appagante della mia vita, continuerò ad occuparmi del progetto da qui, interagendo con i volontari impegnati sul campo.


Claudia Busiello